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Amnesty

 

<  RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SU CUBA: LE RESTRIZIONI ALLA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE HANNO GENERATO UN CLIMA DI PAURA  >

 

 

 Rapporto “Restrizioni alla libertà di espressione a Cuba”  >>>

 

 

Comunicato stampa

CS62-2010

 


RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SU CUBA:

LE RESTRIZIONI ALLA LIBERTA’ D’ESPRESSIONE HANNO GENERATO UN CLIMA DI PAURA

 



In un rapporto pubblicato oggi, dal titolo ‘Restrizioni alla liberta’ di

espressione a Cuba’, Amnesty International ha dichiarato che il sistema di

repressione legale in vigore nell’isola caraibica ha generato un clima di

paura tra giornalisti, dissidenti e attivisti, sottoposti al rischio di

arresti e persecuzioni arbitrarie da parte delle autorita’.

 

Il rapporto mette in luce le disposizioni di legge e le pratiche di

governo che limitano l’informazione e che sono state utilizzate per

arrestare e incriminare centinaia di persone critiche nei confronti del

governo.

 

‘Le leggi sono cosi’ vaghe che quasi ogni gesto di dissidenza puo’ essere

giudicato un atto criminale sotto diversi punti di vista, rendendo molto

difficile per gli attivisti pronunciarsi nettamente contro il governo.

C’e’ un bisogno urgente di riforme per far si’ che i diritti umani

diventino una realta’ per tutti i cubani’ - ha affermato Kerrie Howard,

vicedirettrice del Programma Americhe di Amnesty International.

 

Yosvani Anzardo Herna’ndez, direttore del quotidiano online Candonga, e’

uno dei tanti giornalisti indipendenti cubani arrestati arbitrariamente,

interrogati e minacciati dalle autorita’.

 

Nel settembre 2009 e’ stato detenuto arbitrariamente per 14 giorni, prima

di essere rilasciato senza alcuna imputazione. Durante la detenzione, la

polizia ha anche sequestrato il suo computer, che ospitava il sito, e ha

staccato la sua linea telefonica.

 

Benche’ Yosvani Anzardo Herna’ndez abbia abbandonato la speranza di

continuare a lavorare al suo sito, ancora non riesce a capire la ragione

per cui e’ stato chiuso. ‘Speravamo che il governo avesse compreso che

quello che stavamo facendo era esercitare un nostro diritto, non avevamo

fatto male a nessuno’ - ha detto il giornalista. ‘Abbiamo fatto del nostro

meglio per informare su quello che accadeva nel paese. Le autorita’ hanno

considerato questo pericoloso’.

 

Lo stato cubano detiene un monopolio effettivo sui mezzi d’informazione,

dal momento che chiede a tutti i giornalisti di aderire all’Associazione

nazionale dei giornalisti, posta sotto il controllo del Partito comunista.

 

Le autorita’ hanno anche messo a punto dei filtri per limitare l’accesso

ai blog che criticano apertamente il governo e tutte le restrizioni

imposte alle liberta’ fondamentali.

 

La Costituzione cubana va persino oltre nel mettere un freno alla liberta’

di espressione, affermando che ‘nessuna delle liberta’ riconosciute ai

cittadini puo’ essere esercitata contrariamente a quanto stabilito nella

Costituzione e nella legge, o essere contraria all’esistenza e agli

obiettivi dello stato socialista, o alla decisione del popolo cubano di

fondare il socialismo e il comunismo’.

 

Il codice penale contiene anche una serie di vaghe fattispecie di reato

che possono essere usate per reprimere il dissenso, come ‘pericolosita’

sociale’, ‘propaganda nemica’, ‘disprezzo nei confronti dell’autorita’’,

‘resistenza’, ‘diffamazione delle istituzioni nazionali’ e ‘stampa

clandestina’.

 

Le disposizioni della Legge 88 sulla protezione dell’indipendenza

nazionale e dell’economia di Cuba sono state usate a loro volta per

reprimere le voci critiche e punire i dissidenti che collaborano con i

mezzi d’informazione stranieri.

 

Con una magistratura per nulla indipendente o imparziale, gli oppositori

del governo finiscono per trovarsi di fronte a un numero illimitato di

azioni interpretabili come reati penali e per essere sottoposti a processi

spesso sommari e iniqui.

 

Le autorita’ cubane negano l’esistenza  di prigionieri politici nel paese

ma Amnesty International e’ a conoscenza di almeno 53 prigionieri di

coscienza che rimangono in carcere per aver esercitato pacificamente il

loro diritto alla liberta’ di espressione, associazione e riunione.

 

Uno dei 75 dissidenti arrestati nel giro di vite della ‘primavera nera’

del 2003, il giornalista indipendente Pablo Pacheco Avila, e’ stato

condannato a 20 anni di carcere per aver scritto articoli per giornali

stranieri e online, rilasciato interviste a radio straniere e pubblicato

notizie via internet.

 

Malgrado alcuni prigionieri di coscienza siano stati rilasciati per motivi

di salute, compreso da ultimo Ariel Sigler Amaya, la maggior parte di

essi, tra cui Pablo Pacheco Avila, e’ ancora in carcere.

 

Il governo cubano cerca di giustificare la mancata tutela dei diritti

umani puntando il dito contro gli effetti negativi dell’embargo imposto

dagli Stati Uniti.

‘E’ chiaro che l’embargo ha avuto un impatto negativo su Cuba ma e’

francamente una scusa che non regge per giustificare le violazioni dei

diritti umani del popolo cubano’ - ha commentato Howard. ‘Il governo deve

cercare soluzioni per porre fine alle violazioni dei diritti umani, invece

di trovare delle scuse per perpetrarle’.

 

Amnesty International chiede al governo cubano di revocare o modificare le

norme che limitano illegittimamente la liberta’ di espressione, porre fine

alla persecuzione dei dissidenti, rilasciare tutti i prigionieri di

coscienza e consentire il libero scambio di informazioni attraverso

Internet e gli altri mezzi di comunicazione.

 

‘Il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza e la fine delle

persecuzioni sui dissidenti sono misure che il governo cubano deve

assumere immediatamente e senza condizioni’ - ha affermato Howard. ‘Ma per

onorare il suo impegno per i diritti umani, Cuba deve anche smantellare la

macchina repressiva costruita in tutti questi anni e portare avanti le

riforme necessarie per far si’ che i diritti umani diventino una certezza

per tutti i cubani’.

 

 

Il rapporto “Restrizioni alla libertà di espressione a Cuba” e’

disponibile in lingua inglese all’indirizzo:

http://www.amnesty.it/index.html

e presso l’Ufficio stampa di Amnesty International Italia.

 

 

Roma, 30 giugno 2010



Rif.:  Amnesty International Italia – www.amnesty.it

 

 

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