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DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME

 

Siamo tutti cabarettisti

 

- di Marina Palmieri - Info Pubblicazioni, "Siamo tutti cabarettisti"
Marina Palmieri, www.COMUNICARECOME.it

 

 

Per giocare occorre essere molto seri. Non seriosi, attenzione, ma vigili, attenti, perspicaci. Diceva lo scrittore latino Quintiliano che “i costumi, nei giochi si svelano più facilmente”: niente di più vero, un tempo come oggi. Sul piano artistico, fondamentale è il ruolo svolto dal teatro comico e dal cabaret che, per il tramite di battute argute, di doppi sensi e di scherzose ambiguità ben riescono a esprimere, con linguaggio accessibile a tutti, l’evoluzione dei costumi sociali.

A Milano un caso è ormai rappresentato dal celebre “Zelig”, il locale che negli ultimi decenni ha supportato le intelligenze del migliore cabaret italiano, di quel cabaret culturalmente preparato e psicologicamente attrezzato che ha saputo farci guardare ai vizi e alle virtù dei costumi d’oggi con uno sguardo più articolato: e non è un caso che da lì, forti di un grande successo di pubblico, siano usciti personaggi come Lella Costa, Rondino, Bonassola, approdati ben presto ai più importanti teatri e piazze d’Italia.

Ma anche volgendo lo sguardo a un passato nemmeno poi troppo remoto, possiamo ricordare i gabinetti di recita in casa Belli, con le sue rappresentazioni tragicomiche della verità ‘nuda’ e ‘sfacciata’, i trasformismi ‘a bersaglio’ di Fregoli, le satire politico-sociali di Trilussa (al secolo Carlo Alberto Salustri) che lo stesso poeta usava portare in giro attraverso lunghe tournées in Italia e all’estero, con la sfrontatezza malinconica e il candore incosciente tipici di tanti poeti-performers che captano gli umori e l’inconscio collettivo del proprio tempo. Che lo captano proprio laddove i fermenti culturali e sociali si fanno più evidenti; ecco perché la vitalità della vena comico-satirica si è lentamente diffusa da Roma, epicentro d’un certo cabarettismo nell’800 e nel primo ‘900, a Milano, e poi a Bologna, a Firenze, secondo una tendenza che oramai non risparmia nemmeno la provincia.

A onor del vero, tuttavia, va rilevato che nei centri più piccoli perdurano molte diffidenze, soprattutto da parte della popolazione locale che, risentendo ancora di soggezioni e timori reverenziali culturalmente sedimentati, è poco propensa a manifestare entusiasmo verso rappresentazioni di questo tipo, o anche solo a esporsi come spettatrice. È forse proprio ai giovani di queste realtà minori che spetta il compito di alimentare il gusto per la satira, per l’ironia, per il gioco: mezzi insostituibili per accrescere la capacità di giudizio critico oltre il vizio del pettegolezzo e della maldicenza fine a se stessi, per ampliare il proprio sguardo sulla realtà oltre gli steccati del conformismo culturale e di costume. …Nel nostro piccolo, possiamo tutti essere cabarettisti.

 

 

 

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Info Pubblicazioni:

- l’Informatore Vigevanese, 27 giugno 1996

 

 

 

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