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Umbria: quando le mura trasudano di storia vissuta.

di Marina Palmieri  Info Pubblicazioni, Umbria: quando le mura trasudano di storia vissuta.
Marina Palmieri, WWW.COMUNICARECOME.IT

 

Anche quella di visitare un luogo è un’abilità, che richiede un approccio di ricerca, che presuppone una scelta e una scala di priorità: si può optare per un turismo di tipo artistico, oppure di tipo naturalistico, archeologico, e via dicendo. Come frequentatrice dell’Umbria – regione straordinariamente ricca in fatto di testimonianze artistiche, note ai più e comunque menzionate in tutta la migliore letteratura in materia – vorrei suggerire ai lettori un viaggio sulle tracce delle antiche mura, e non a caso. Già, perché tutto il territorio umbro è disseminato di “castelli”, vere e proprie microcittà dei tempi antichi. La loro funzione era principalmente difensiva (e per questo – specie nel Trecento – le città umbre usavano “incastellare” le terre circostanti), ma fungevano anche da centri agricoli dal momento che, almeno fino al Cinquecento, nelle campagne umbre praticamente non esistevano case di abitazione. Erano i contadini, insomma, che vivevano nei “castelli” che, quindi, disponevano al loro interno di appositi locali per semente e attrezzatura, di fienili e di stalle per il ricovero serale del bestiame. Ma i castelli umbri offrono ancora alla vista del visitatore anche le loro porte merlate, le torri, le imponenti mura. Non c’è, davvero, che l’imbarazzo della scelta per il turista, tanto questi agglomerati sono rinvenibili un po’ in tutta la regione. È comunque particolarmente consigliabile una visita a Tordibetto di Assisi, a Fratta Todina e Pantalla (nei pressi di Todi), a Corciano e a Magione.

È invece a partire dal Cinquecento che, causa la diffusione della mezzadria e l’intensificazione della coltivazione della vite e dell’ulivo, inizia l’insediamento umano nelle campagne. La casa rurale più originale è la cosiddetta “palombara”: elemento peculiare di questo tipo di abitazioni (sparse, per lo più, e solitarie) è la sovrastante torre quadrata utilizzata, sembra, proprio per la nidificazione dei piccioni, molto apprezzati tanto per le loro carni che per il loro concime, anche se molti studiosi propendono altresì per l’ipotesi d’una funzione difensiva e di sorveglianza. Sta di fatto che la “palombara”, per la sua originale struttura (solitamente molto solida e comprendente fino a quattro o cinque piani) e per l’esempio di intelligenza architettonica rispondeva ai più avveduti criteri dell’antica agronomia (le aperture a rosone per la circolazione dell’aria, lo sfruttamento del pendio per risparmiare la scala, pareti estremamente levigate per scoraggiare l’arrampicata delle fiere, etc.) e costituisce tuttora un elemento tipico del territorio umbro, specie nello Spoletino.

Col susseguirsi del tempo, poi, e ormai acquisite le più efficaci strategie ambientali, l’immaginario popolare andò ampliandosi fino ad elaborare tutta una serie di fantasie legate, in particolare, all’evento della morte. Il turista che volesse approfondire la conoscenza di mentalità, usi e costumi umbri non potrà, così, non annotare un particolare di quasi tutte le antiche abitazioni: la presenza accanto alla principale porta d’ingresso di una porta più piccola detta “porta dei morti”. È attraverso questa che venivano, e sembra ancora vengano, fatte passare le salme. Il motivo è legato alla cultura esoterica del luogo che, rispetto all’Aldilà, hai nei secoli messo a punto dei particolari rituali, a cavallo fra le pratiche esorcistiche e gli atti di scongiuro, compreso quello di non fare uscire di casa per ben nove giorni chi avesse assistito il moribondo, il raccomandarsi al sacerdote untore di non toccare con la croce le pareti della casa e il ricorso ai tanti amuleti (denti di cinghiale, legno stregonio etc.), nonché l’uso dei famosissimi almanacchi lunari di Barbanera, tuttora stampati a Foligno.

Del resto, se si tiene presente che l’Umbria, per varie ragioni storiche e politiche, è rimasta praticamente isolata per circa tre secoli, dal ‘500 a tutta la metà dell’800, facilmente si comprende come la tradizione popolare sia tuttora impregnata di un clima epocale particolarmente sensibile alle suggestioni del magico e dell’occulto. Chi desiderasse fare un “tuffo” in quel passato non ha che avventurarsi in una delle tante celebrazioni storico-folkloristiche, come quella del “Calendimaggio” ad Assisi, e qui aggirarsi, oltre che per i luoghi più canonici di francescana memoria, per le sue case e le sue mura.

Mura e pietre che narrano la storia quotidiana dell’uomo, le sue fatiche e le sue intuizioni, che esprimono, nella primordialità delle loro tonalità e dei loro umori materici – tanto ben catturati dal genio di Alberto Burri, il noto artista dell’informale nato a Città di Castello – quel carattere umbro sempre un po’ in bilico fra il chiarore e l’oscurità, la grazia dell’animo e la profondità dell’intuizione.

 

 

 

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Info Pubblicazioni:

- mensile “Artecultura”, Aprile 1996, p. 23 - Rubrica Turismo

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