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L’ATTIVITÀ FISICO-SPORTIVA:

beneficiare dei vantaggi

rispettando i limiti del proprio organismo.

 

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SALUTE / DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

 

____DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME____

 

L’ATTIVITÀ FISICO-SPORTIVA:

BENEFICIARE DEI VANTAGGI RISPETTANDO I LIMITI DEL PROPRIO ORGANISMO.

Gradualità, regolarità e costanza nel programma di allenamento. L’importanza del controllo medico.

E sulla corsa degli “atleti della domenica” si riaprono le polemiche degli specialisti.

 

- di Marina Palmieri -  Info Pubblicazioni, Attività Fisico-Sportiva

 

 

Premessa - Un concetto acquisito, ma poco messo in pratica.

Che fare moto faccia bene è un concetto ormai generalmente acquisito. Ciononostante, almeno nel nostro paese, la pratica effettiva, regolare e costante di un’attività fisico-sportiva rimane appannaggio di una fascia di popolazione alquanto ridotta (circa il 23% della popolazione maschile e circa il 13% della popolazione femminile) e circoscritta in larga maggioranza alla fascia di età compresa fra i 15 e i 19 anni.

Una prima interpretazione della relativamente scarsa diffusione di esercizio sportivo non può, ovviamente, non chiamare in causa quelle che, in effetti, sono le oggettive difficoltà di ordine pratico con le quali pressoché chiunque, in età adulta e occupato in un’attività lavorativa, si trova a doversi cimentarsi nella quotidianità (difficoltà, ad esempio, quali la mancanza di sufficiente tempo libero a disposizione, problematiche familiari, preoccupazione per scadenze importanti, e via dicendo). In altre parole, pensiamo che sorvolare sul peso di queste difficoltà pratiche di tutti i giorni non porti molto lontano nella comprensione più approfondita dei motivi che sono alla base dello scarso radicamento, nella popolazione generale, di una pratica fisico-sportiva che vada ben al di là di un mero culto del fitness.

Per quanto ora detto, e considerato per l’appunto che per gran parte della popolazione adulta e lavorativa quello del cd. tempo libero è, molto realisticamente, un problema di carattere oggettivo, qual è l’argomento portante - ci chiediamo - che potrebbe fare da leva per una maggiore diffusione della cultura fisico-sportiva?

 

 

Il monito degli specialisti.

La risposta all’interrogativo qui posto è quella fornita, e con sempre maggiore determinazione da circa un decennio a questa parte, da un crescente numero di specialisti in malattie e disturbi tipici della nostra èra moderna e industrializzata (ipercolesterolemia, ipertensione, obesità, osteoporosi - tanto per citarne alcuni fra i tanti - ma anche ansia, stress e altri disturbi dell’umore che spesso finiscono per riflettersi pesantemente sul soma), specialisti convinti del fatto che nella prevenzione di quelle stesse malattie e di quegli stessi disturbi giochi un ruolo determinante la pratica costante di esercizio fisico-sportivo.

Oggi, per di più, che la diffusione di molti di quegli stessi disturbi ha toccato soglie d’allarme, con conseguenti problemi (oltre  che, ovviamente, per i pazienti stessi) anche in ordine alla relativa spesa sociale, e - ancora - oggi che un sempre maggiore rilievo, nell’evoluzione di molte delle malattie anche croniche e degenerative  del nostro tempo, viene riconosciuto ai fattori comportamentali-ambientali, quell’indicazione si è fatta più precisa, più incalzante, e il richiamo a innalzamenti del livello di esercizio fisico-sportivo viene ormai sempre più puntualmente fatto oggetto, da parte degli specialisti, di vere e proprie linee-guida per la prevenzione.

Un appello fermo e chiarissimo, in tal senso, venne lanciato, appena due anni orsono, durante il 9° Congresso Europeo sull’Obesità (Eco ’99), in occasione del quale gli scienziati dell’obesità (vera e propria “malattia” - come ufficialmente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità - che aumenta il rischio di molte patologie concomitanti e che riduce l’aspettativa di vita) inserirono il programma di innalzamento del livello di attività fisica negli atti ufficiali della “Milan Declaration”, frutto di un intenso lavoro sulla prevenzione dell’obesità maturato anche nell’ambito della International Obesità Task Force. Riflesso di quel prezioso atto ufficiale indirizzato alla dirigenza politica del nostro paese fu, come i nostri lettori ricorderanno (1), l’inserimento nel capitolo “attività fisica” nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 dell’obiettivo d’un aumento medio del 10% dei valori di attività fisica.

Sempre sullo stesso fronte, vanno inoltre ricordati i dati del recente rapporto dell’Istituto Auxologico Italiano dai quali è emerso che sono circa 17 milioni gli Italiani in soprappeso e circa 5 milioni quelli obesi. Dati di entità enorme, quindi, e - come svariati studi di popolazione evidenziano -  solo in parte giustificati da squilibri di ordine endocrino, rimanendo infatti lo squilibrio fra calorie “in entrata” e calorie “in uscita” attribuibile principalmente (se non esclusivamente), nella maggior parte dei casi, a un’alimentazione errata ed eccessiva congiunta a una sostanziale sedentarietà.

 

 

Benefici generali dello sport sull’individuo.

L’attività sportiva stimola notevolmente le grandi funzioni dell’organismo: respirazione, circolazione, nutrizione (processi di scambio fra l’organismo e il suo ambiente esterno) ed escrezione. Effetti fisiologici come il controllo ormonale e metabolico, e ancora come il miglioramento del sonno, sono fra quelli più immediati. Progressivamente, una regolare e costante pratica dell’esercizio sportivo consente di consolidare altri importanti effetti fisiologici, fra i quali la resistenza aerobica, l’aumento del volume dei muscoli e le loro qualità di contrattilità, tonicità ed eccitabilità, e la maggiore capacità di equilibrio. Ma altrettanto considerevoli sono gli effetti che l’attività sportiva esercita sulla sfera psicologica individuale, quali nell’immediato l’effetto calmante sul sistema nervoso (che si ha soprattutto negli sport che non ‘spingono all’estremo’ e in particolare nelle attività di fondo a ritmo uniforme, es. corse e nuoto a lunga percorrenza), quindi l’effetto di diminuzione dell’ansia e dello stress, e a lungo termine quelli del miglioramento della salute mentale, della focalizzazione dell’attenzione e della concentrazione, dell’autodisciplina fisica e mentale, e ancora quello dell’affinamento dello spirito di decisione. È inoltre importante ricordare che la pratica costante di un’attività sportiva, oltre che determinare diretti benefici fisici e psichici (benefici che in letteratura costituiscono quello che è propriamente chiamato il “valore igienico” dello sport), sviluppa quasi sempre nell’individuo l’osservanza di uno stile di vita necessario al mantenimento di una buona condizione di salute, allontanando specialmente il rischio di incorrere in abitudini dannose per l’organismo fra le quali, soprattutto, quelle dell’abuso di alcool, del fumo, di un’alimentazione scorretta e ‘pesante’, e via dicendo.

 

 

Esercizio fisico-sportivo e processo d’invecchiamento.

Un costante e regolare esercizio fisico, va ribadito, consente non soltanto di tenere sotto controllo la “linea” e quindi il peso-forma, ma svolge anche un importante ruolo protettivo nei riguardi di molti disturbi fisici come pure nei riguardi di vere e proprie patologie, e in special modo di quelle che interessano l’apparato cardiovascolare, l’apparato osteoarticolare e il sistema del metabolismo.

Il ruolo protettivo svolto dall’esercizio fisico e sportivo si rivela per di più particolarmente prezioso per rallentare gli effetti del processo di invecchiamento, e in particolare:

-         per rallentare il calo di efficienza dei meccanismi neuromuscolari e bioenergetici (calo che si manifesta già fra i 25 e i 45 anni circa), la diminuzione della massa muscolare e la diminuzione della forza muscolare (forza che decresce di circa il 30-35% intorno ai 70 anni, e in misura sempre maggiore negli anni successivi);

-         per rallentare le modifiche della composizione corporea (diminuzione della massa magra e aumento, invece, di grasso corporeo che tende ad accumularsi selettivamente nella regione intra-addominale), modifiche che, tipicamente nella terza età, sono strettamente legate all’insorgenza di vari dismetabolismi e malattie, fra i quali ad esempio intolleranza glucidica, iperinsulimismo, iperlipidemia;

-         per rallentare l’impoverimento del tessuto osseo e quindi l’insorgenza dell’osteoporosi;

-         per rallentare il calo della flessibilità delle articolazioni;

-         per rallentare l’invecchiamento dell’apparato cardiaco;

-         per rallentare il calo di efficienza dei sistemi cardio-circolatorio e respiratorio (con conseguente decremento della potenza aerobica);

-         (e non per ultimo) per rallentare la riduzione dell’attività cerebrale, inclusa la riduzione della capacità di memoria e di attenzione selettiva.

 

 

Scegliere in base al proprio tipo di struttura fisica.

Se è vero che la scelta dello sport da praticare è giusto che risponda a criteri di gusti e divertimento personali, essendo peraltro proprio il divertimento una delle motivazioni essenziali per lo svolgimento regolare e costante dell’attività sportiva, è anche vero che la stessa scelta dovrebbe preferibilmente essere fatta tenuto conto di quelle che sono le caratteristiche di base delle forme e della struttura del proprio corpo. Un’indicazione importate, in tal senso, dei medici dello sport è infatti che, per diventare un atleta, l’individuo deve “esasperare” le caratteristiche fisiche che già gli appartengono, deve cioè scegliere e praticare il tipo di sport più congeniale al suo tipo di struttura fisica.

“Non sono meno importanti in questo contesto i caratteri morfologici che determinano la capacità prospettica dell’atleta. Per molti tipi di sport sono indispensabili dati assolutamente concreti della persona: l’altezza, la lunghezza del tronco, del braccio, della gamba, la costituzione generale. In molti tipi di sport è necessario avere dati sul valore della massa muscolare del corpo e altri indici”. (2)

I motivi che sorreggono indicazioni di tale genere sono del resto intuibili e, per di più, tutt’altro che  circoscritti a una mera (per quanto essenziale nell’ambito dell’agonismo sportivo) questione di massimizzazione del traguardo sportivo, in quanto implicano, invece, il concetto di “migliore economia” (o se si preferisce il concetto di “minore scarto” possibile) fra - da una parte – l’intensità della performance ovvero della prestazione sportiva e – dall’altra – il ‘costo’ che in termini di impegno fisico complessivo (sforzo, coordinamento motorio, carichi particolari di lavoro muscolare, etc.) è richiesto dalla prestazione stessa.

Com’è ovvio (e fatti salvi, logicamente, eventuali veti particolari del medico chiamato ad esprimere il giudizio di idoneità fisica, giudizio che per le attività sportive non agonistiche è, lo ricordiamo, un giudizio di carattere generico), l’aspirante atleta dilettante resta pur sempre perfettamente libero di scegliere lo sport che per se stesso consideri, semplicemente, più gradito e allettante: e tuttavia, in ogni caso, resta sempre un valido consiglio quello di dare la preferenza alla pratica di quei tipi di sport che, per quanto già detto, offrano una maggiore valorizzazione delle doti fisiche individuali - quindi anche un maggiore beneficio psicologico - e che non per ultimo (posta per l’appunto la necessità che un determinato tipi di tecnica sportiva si conformi sufficientemente alle caratteristiche fisiche del soggetto) non obblighino a superare i limiti accettabili delle capacità di sforzo, o anche solo, per esempio, a superare i limiti funzionali delle proprie caratteristiche anatomiche.

Diversamente, quindi, la scelta di dedicarsi alla ginnastica artistica (sport che richiede particolari doti di grazia ed equilibrio) quando invece si possiede un fisico adatto per la pallacanestro o, ancora per ipotesi, la scelta di dedicarsi al lancio del peso quando invece si ha il fisico ideale del maratoneta (fisico asciutto, leggero, medio-brevilineo) costituiscono, chiaramente, due esempi-limite ma lampanti di opzioni sportive errate e che, chiaramente (considerata la ridottissima resa in termini di prestazioni e risultati possibili), non potrebbero che rivelarsi assai frustranti dopo il primo momento d’entusiasmo.

Quali sono, dunque, gli abbinamenti fra tipo di struttura fisica e tipo di sport più consigliati dagli specialisti in medicina dello sport? Vediamoli nel prospetto che segue, nel quale sono presi in considerazione due indici fondamentali quali la corporatura e la statura.

 

Corporatura magra e statura bassa o media:

-         atletica leggera: fondo, mezzofondo, marcia, maratona

-         ciclismo su strada

-         sci di fondo

 

Corporatura magra e statura alta:

-         salto in alto

-         pallacanestro

-         pallavolo

-         calcio (portiere)

-         tennis

 

Corporatura normale e statura bassa:

-         ginnastica artistica

-         sollevamento pesi (categorie di basso peso)

-         arti marziali

-         tiro con l’arco, tiro a segno

 

Corporatura normale e statura media:

-         tennis

-         calcio

-         sci

-         hockey su prato

 

Corporatura normale e statura alta:

-         nuoto

-         scherma

-         sci

-         calcio

 

Corporatura robusta e statura bassa:

-         sollevamento pesi

-         ginnastica

-         lotta

-         arti marziali

 

Corporatura robusta e statura media:

-         lotta libera, lotta greco-romana

-         ciclismo su pista

 

Corporatura robusta e di statura alta:

-         atletica leggera: corse di sprint, lanci, salto con l’asta, salto in lungo

-         canoa, kajak, canottaggio

-         ciclismo su pista

 

Qualsiasi tipo di corporatura:

-         pilotaggio

-         tiro a segno

 

 

 

Anche per i più giovani, sport senza strapazzo.

Per i bambini, i ragazzi e gli adolescenti la scelta dello sport da praticare dovrebbe essere ancor più oculata. Per i bambini, in particolare, si pone la necessità di evitare la pratica di sport che sottopongono la struttura scheletrica ad eccessivi carichi di lavoro, come pure di quegli sport che tendono a  ipertrofizzare i muscoli.

Possono poi presentarsi situazioni particolari come quelle, piuttosto comuni, in cui il bambino, il ragazzo o l’adolescente tende a sviluppare difetti o deformazioni anche lievi a carico del rachide, e in queste situazioni è in genere il medico stesso a indirizzare la scelta verso sport che svolgano anche una funzione correttiva. Nel caso, ad esempio, di una tendenza alla scoliosi (problema piuttosto comune nei più giovani, originato spesso dalle cattive posizioni assunte nello scrivere e nello stare seduti) la scelta includerà pertanto quegli sport che, come soprattutto il nuoto, aiutano a ristabilire l’equilibrio del tronco e a sviluppare in modo uguale la muscolatura laterovertebrale, ed escluderà invece quegli sport (come il tennis, la pallavolo, le arti marziali etc.) che richiedono esercizi ripetuti e bruschi del tronco e di carattere per lo più simmetrico.

In ogni caso, anche escludendo la presenza di problemi particolari, è importante che anche per i giovani la pratica di uno sport non si traduca in strapazzi, surmenage o fatica eccessiva, nei quali casi l’attività fisica potrebbe comportare disturbi di vario genere a carico dell’organismo. Quanto appena detto non si riferisce, ovviamente, alla semplice stanchezza, quanto invece a una vera e propria esagerazione della fatica, condizione che agli stadi iniziali può comportare problemi come la cefalea, l’insonnia, l’irritabilità eccessiva, e in quelli successivi finanche uno strapazzo lento (non di rado accompagnato da febbre) che può sfociare in esaurimento.

 

 

Allenarsi con gradualità.

Jogging sì, ma sempre con cautela.

L’allenamento è una componente essenziale della buona pratica sportiva. Gli ammonimenti lancianti di recente da alcuni specialisti francesi parlano chiaro: strafare fa male alla salute, e può essere assolutamente dannoso (in alcuni casi addirittura letale) sottoporre l’organismo a sforzi eccessivi qualora non si abbia una sufficiente preparazione fisica di base. Un simile allarme, che punta il dito sulla necessità di rispettare quelle che da sempre, del resto, sono le regole auree della buona pratica di un’attività fisico-sportiva – e cioè gradualità, regolarità, costanza – è evidentemente giustificato dalla diffusione sempre più marcata fra gli “atleti della domenica” a improvvisarsi in performances fisiche senza alcun criterio, obbligando così l’organismo a superare il limite normale, e comunque il limite di tolleranza, del suo sforzo, con conseguenze che possono essere anche molto pericolose per la salute. Assai tipico, in tal senso, è il cd. jogging praticato di tanto in tanto: osannato a destra e a manca fino a pochissimi anni fa alla stregua di una sorta di panacea contro l’appesantimento fisico, e indubbiamente anche esaltato in tanta letteratura cinematografica e in tante di quelle cronache televisive che, specie oltreoceano, puntano l’attenzione sui vari manager e premier politici di turno in un’inedita versione in tuta o calzonicini da corsa (un tipo di immagine apparentemente innocua e tuttavia fortemente simbolica, presso il vasto immaginario collettivo, dell’associazione potere-successo-culto della forma fisica), il jogging – ovvero la corsa continuata o prolungata a media velocità – costituisce in realtà un impegnativo lavoro per il fisico.

Va infatti tenuto presente che quando durante la corsa viene richiesto molto più ossigeno di quanto se ne riesca a immettere in circolo con il processo respiratorio (scompenso che si manifesta col caratteristico “fiato grosso”) si ha un’incompleta combustione del glucosio con conseguente formazione di residui nel sangue, e accumulo degli stessi residui nelle fibre muscolari; nello stesso tempo la maggiore richiesta di ossigeno induce un aumento della frequenza cardiaca per incrementare la mandata sanguigna. Pertanto, lo sforzo al quale viene sottoposto l’organismo in simili circostanze è tutt’altro che trascurabile e (sempre e soprattutto in caso di scarsa o assente preparazione atletica), oltre a poter includere problemi di microcontratture, di accumulo di acido lattico, di tremori e disturbi nervosi, lo stesso sforzo può causare rischi molto seri a carico soprattutto dell’apparato cardiocerebrovascolare, fra i quali (specie in soggetti non più molto giovani) infarto e stroke.

Anche a costo di ripetersi, va dunque ribadito che per non incorrere in rischi di tale gravità si rendono indispensabili, anche per chi volesse praticare lo jogging in modo puramente dilettantistico:

a)         un preventivo accertamento medico delle condizioni di salute generali;

b)         un programma di allenamento che sia graduale, regolare, costante.

Queste, fondamentalmente, le principali raccomandazioni per correre (è proprio il caso di dirlo) anche al riparo dai rischi per la propria salute e dunque per beneficiare, con ragionevole margine di sicurezza, dei vantaggi che un po’ di corsa praticata con un certa regolarità nel tempo libero può sicuramente apportare sia a livello fisico sia a livello psichico (lo smaltimento dell’ansia e della tensione accumulati durante la giornata, e soprattutto durante il lavoro, costituisce anzi per molti una motivazione spesso prevalente su tutte le altre).

A quelle stesse raccomandazioni - valide ovviamente anche per altri tipi di attività fisico-sportive che, sempre anche quando praticate con finalità puramente dilettantistiche, comportino per l’organismo un impegno e uno sforzo assimilabili a quelli richiesti dal jogging (jogging che tuttavia rimane di questi tempi il grande imputato nell’ambito dei ‘costumi sportivi’ dei cd. atleti della domenica), si aggiungono altre raccomandazioni che andrebbero tenute presenti quando l’ambiente scelto per correre sia quello urbano. Naturalmente l’ideale sarebbe poter correre all’aria pura, quindi in aperta campagna o in collina, ma chiaramente non sempre e non per chiunque questa è una soluzione a portata di mano. In quest’ultimo caso sarà utile ricordare, in particolare, che per ridurre quanto più possibile l’esposizione a gas nocivi (come l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto, l’ossido di carbonio, e altri ancora) l’allenamento in città dovrebbe essere praticato mettendo in pratica alcuni elementari accorgimenti:

-          evitare le ore e le giornate molto fredde, poiché il freddo condensa i gas presenti nell’aria e li mantiene in basso (formando la tipica “cappa di smog” delle città); le temperature ambientali preferibili per l’allenamento in città sono quelle mediamente elevate, di circa 15/20 gradi centigradi;

-          allo stesso modo, evitare le temperature particolarmente elevate, anche in considerazione del fatto che il calore che si ‘immagazzina’ nel manto stradale, e comunque nell’ambiente urbano, può aumentare di molto il rischio di prostrazione da calore;

-          evitare le aree più interne della città e preferire i “polmoni verdi” possibilmente più periferici;

-          non correre ai margini delle strade, soprattutto quando molto trafficate; non correre in prossimità di cantieri stradali, di grandi officine, e in generale evitare le zone industriali.

 

 

Il certificato di idoneità sportiva.

Come già sottolineato, anche per lo sport “fai-da-te”, ossia per l’attività sportiva che s’intenda praticare in modo squisitamente amatoriale e a scopo puramente dilentattistico (per intenderci, ancora: le corse nei paraggi di casa, come pure il nuoto nelle piscine pubbliche, il trekking durante le vacanze in montagna, etc.) sarebbe sempre buona norma consultarsi preventivamente col medico di fiducia e comunque sottoporsi periodicamente a controlli medici generali, per verificare che le proprie condizioni di salute del momento consentano di dedicarsi tranquillamente allo svolgimento dell’attività fisico-sportiva preferita.

Qualora invece s’intenda dedicarsi a uno sport nel vero senso del termine (cioè a una disciplina fisica applicata e finalizzata al raggiungimento di una performance codificata) è obbligatorio ottenere il certificato di idoneità sportiva. Rimandando alle relative normative di legge (3) chi volesse approfondire questo argomento della medicina dello sport, interessante anche per l’estensione della tutela sanitaria ad atleti che versano in situazioni di salute particolari (4), ricordiamo che il certificato di idoneità sportiva è di due tipi fondamentali:

Ø       certificato di idoneità sportiva agonistica, obbligatorio per chi voglia praticare attività sportive qualificate agonistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali e dagli enti sportivi riconosciuti, e che può essere rilasciato esclusivamente dal medico specialista in medicina dello sport che operi in strutture pubbliche o private autorizzate;

Ø       certificato di idoneità sportiva non agonistica (o di buona salute), sufficiente per chi voglia praticare attività sportive qualificate come non agonistiche dagli stessi soggetti di cui al punto precedente, e che può essere rilasciato dallo stesso medico di base.

Altro criterio essenziale di distinzione fra i due tipi di certificati è che il certificato di idoneità sportiva agonistica è specifico per un determinato tipo di sport (può quindi essere validamente presentato soltanto per lo sport per il quale è stata concessa l’idoneità fisica), mentre il certificato di idoneità sportiva non agonistica, ossia il certificato di buona salute, è generico (e pertanto ha valore per qualsiasi tipo di sport non agonistico si voglia praticare).

Per ciò che riguarda in particolare gli sport agonistici, gli accertamenti che sono richiesti per la formulazione del giudizio di idoneità fisica prevedono di base: la visita medica, l’esame completo delle urine e l’elettrocardiogramma a riposo. L’elettrocardiogramma dopo step-test e la spirometria sono inoltre richiesti, sempre come accertamenti di base, per quegli sport che (come l’atletica leggera, il calcio, la pallanuoto, lo sci, etc.) richiedono un lavoro impegnativo a carico dei muscoli e del sistema cardiorespiratorio.

 

 

-§ - § - §

 

 

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 CLASSIFICAZIONE DEGLI SPORT IN BASE ALL'IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

 

 

 

CLASSIFICAZIONE DEGLI SPORT IN BASE ALL'IMPEGNO CARDIOVASCOLARE (*)

SPORT NON COMPETITIVI

CON IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

MINIMO-MODERATO

Caratterizzati da attività di pompa a ritmo costante,

frequenze sotto-massimali e

caduta delle resistenze periferiche.

Podismo o marcia in pianura,

Sci gran fondo, “Footing” e “Jogging”,

Ciclismo in pianura, Nuoto,

Canoa turistica, Trekking

SPORT

CON IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

"NEUROGENO”

Caratterizzati da attività di pompa a ritmo costante,

frequenze sotto-massimali

e caduta delle resistenze periferiche.

- con incrementi medi-elevati della FC:

Paracadutismo, Motociclismo velocità, Automobilismo, Aviazione sportiva,

Attività subacquee, Motonautica, Vela,

Equitazione, Polo, Tuffi

- con incrementi minimi-moderati della FC:

Golf, Bocce e Bowling, Sport di tiro

SPORT

CON IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

DI “PRESSIONE”

Caratterizzati da portata cardiaca non massimale,

frequenza cardiaca da elevata a

massimale

e resistenze vascolari periferiche

da medie ad elevate.

Atletica velocità, Bob e Slittino,

Ciclismo velocità, Pattinaggio velocità,

Pesistica, Lanci e salti,

Sci alpino (slalom, discesa, acrobatico),

Sci nautico, Windsurf,

Tennis Tavolo, Motocross, Alpinismo,

Free climbing, Nuoto sincronizzato,

Body building

SPORT

CON IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

MEDIO-ELEVATO

Caratterizzati da numerosi e rapidi

incrementi anche massimali della

frequenza e portata cardiaca, con aumento delle resistenze periferiche particolarmente evidente nelle brusche interruzioni

dell’attività muscolare degli arti.

Calcio, Football americano , Rugby, Basket, Pallavolo, Pallamano,

Pallanuoto, Canoa,

Arti marziali, Lotta, Ginnastica, Scherma, Pugilato, Pattinaggio artistico, Baseball,

Hockey, Tennis, Squash

SPORT

CON IMPEGNO CARDIOVASCOLARE

ELEVATO

Caratterizzati da attività di pompa con frequenza cardiaca e

portata centrale e periferica massimali

(condizionate nella durata dai limiti degli adattamenti metabolici)

Atletica leggera 400 m ---> maratona
Canoa 500 m ---> maratona
Canottaggio tutte le imbarcazioni
Ciclismo inseguimento, km fermo,

MTB, ciclocross
Nuoto 100 m ---> maratona
Pattinaggio ghiaccio 500 m ---> 10 000 m
Pattinaggio rotelle 500 m ---> 20 000 m
Sci alpino slalom gigante, super G
Sci fondo 15 ---> 50 km
Biathlon, Triathlon

(*) fonte: Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico 1995  - Comitato Organizzativo Cardiologico per l'Idoneità allo Sport

 


 

 

Art. 8 Legge 16 marzo 1987 n° 115 “Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito”:

 

“La malattia diabetica priva di complicanze invalidanti non costituisce motivo ostativo al rilascio del certificato di idoneità fisica per la iscrizione nelle scuole di ogni ordine e grado, per lo svolgimento di attività sportive a carattere non agonistico e l’accesso a posti di lavoro pubblico e privato, salvo i casi per i quali si richiedano specifici, particolari requisiti attitudinali. Il certificato di idoneità fisica per lo svolgimento di attività sportive agonistiche viene rilasciato previa presentazione di una certificazione del medico diabetologo curante  o del medico responsabile dei servizi di cui all’art. 5, attestante lo stato di malattia diabetica compensata nonché la condizione ottimale di autocontrollo e di terapia da parte del soggetto diabetico”.

 

 

 

 

Note e riferimenti bibliografici:

(1) vd. servizio “Allarme Obesità” (di Marina Palmieri), in Bollettino Cardiologico n. 83, Dicembre 1999

(2) A. Calligaris, V. V. Kuznecov, “Dall’uomo al campione”, Società Stampa Sportiva, Roma 1986, p. 49

(3) Si veda in particolare:

- D.M. 5/7/1975 “Disciplina dell’accesso alle singole attività sportive”

- D.M.18/2/1982 e norme integrative del D.M.28/2/1983  "Norme per la tutela della attività sportiva agonistica e non agonistica”

(4)     Vd.:

- Legge 16/3/1987 n° 115 “Disposizioni per la prevenzione e la cura del diabete mellito”

- D.M. 4/3/1993 “Determinazione dei protocolli per la concessione dell’idoneità sportiva agonistica alle persone handicappate”.

 

 

 

Marina Palmieri

 

 

 

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Info Pubblicazioni:

- Bollettino Cardiologico N. 109, Ottobre 2002

 

 

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